La chiesa era gremita di gente. Nessun posto a sedere. La donna avanzò per la navata come se fosse una sposa. Curva su se stessa, vestita di cenci, con la testa coperta da un foulard di seta rossa che stonava con il resto del suo trasandato abbigliamento.
Avanzò lentamente a mani giunte, lasciando orme umide di pioggia, sul pavimento di marmo bianco. Si fermò davanti l’altare e lì restò a piedi nudi, a piedi uniti, a mani alzate. Stette lì in piedi davanti l’altare, ignara di ciò che la circondava. Totalmente assorbita dal rito religioso, non staccava gli occhi dal crocifisso.
Era una nota stonata in una perfetta cornice di gente curata, elegante, rispettosa, pacata, sommessa.
“E, con il tuo spirito” le voci della chiesa risposero al sacerdote, ma la voce della donna si erse alta tra le altre: ignara e totalmente immersa, ella seguiva, con fervore e totale abbandono, la veglia Pasquale.
L’anima in pena ad occhi chiusi chiedeva una grazia.
“Non sono degna di partecipare alla tua mensa” disse la donna a voce alta.
Il sacerdote bisbigliò qualcosa al chierichetto, il quale si allontanò per tornare con un catino di smalto bianco: lo tenne tra le mani e attese.
Il sacerdote lesse il Vangelo, poi scese i gradini, prese per mano la donna che si lasciò condurre al maestoso trono sacerdotale di velluto scarlatto. La fece sedere mentre con l’altra mano asciugava le lacrime che le scorrevano sul viso coperto dal foulard di seta rossa.
Un brusio di sorpresa serpeggiava nell’imponente chiesa, e lo stupore fu collettivo quando il sacerdote si inginocchiò e pulì con l’acqua del catino di smalto bianco, i piedi nudi della donna vestita di cenci. Lentamente, il reverendo lavò i piedi sporchi di terra e pioggia della donna che, a capo chino, incrociò le mani al petto scarno.
“Questa è la mia omelia di oggi. Un solo e unico gesto che rappresenta l’Amore” disse il sacerdote rivolgendosi ai fedeli che commossi si vergognarono dei loro vestiti eleganti.
Mai ci fu veglia Pasquale più preziosa, ed io ebbi l’ardire di ringraziare il sacerdote che con le sue bianche mani mi salvò dal precipizio.
da “La Giostra dorata del Ragno che tesse”
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La fede di quella donna è più forte di ogni bene superfluo. Come il soldo della vedova. Il cuore di un mendicante. L’ ingenuità di uun bambino… Tutto il resto è noia… L’ attenzione del prete.. E stato bellissimo… Ma spesse volte non è così.. Complimenti amica mia sei sempre straordinaria.tvb Laura
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Grazie Laura, in questo racconto c’è l’essenza del senso più profondo della Pasqua.
Sono contenta che ti sia piaciuto
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