VIDEO DEI PRIMI MINUTI dell’interpretazione del monologo “SCOSSA” con il quale ho vinto al 1º posto al concorso “Va in scena lo Scrittore” FUIS, Roma.
Le prime festività dicembrine non hanno fermato il terzo appuntamento di “Maratona Monologhi” presso lo Studio Arti Sceniche di Sipario in Via Garigliano 8 a Milano. Come autori ospitati: Giovanna Fileccia (con “Scossa”, da lei interpretato) e Aldo Manfredonia (con “Il giudice”, interpretato da Marino Campanaro).
L’autrice siciliana riflette e fa riflettere con spirito leopardiano su uno dei tanti fenomeni verso cui l’uomo è impotente. Si serve di una parete bianca sulla quale vengono proiettate le immagini di Amatrice in quel giorno di quell’agosto di quel 2016, prima e dopo la catastrofe, sulle note di Cinzia Romano La Duca. Veste ora i panni di Paola, ventenne e modella, che vede la sua vita ribaltarsi, tremare come il suolo sotto i suoi piedi, ora circondata soltanto da macerie fonoassorbenti. Di fronte alle conseguenze di una terra ammiccante, come teneramente la definisce l’autrice, Paola rivede la sua vita dall’alto in tutte le sfaccettature che prima non aveva considerato. Vive una seconda volta in ricordi cristallizzati tra una richiesta d’aiuto e un’altra mentre le immagini dietro di lei si deformano nelle tele di Dalì. Aneddoti divertenti, altri meno; un tempo che poteva essere speso meglio oppure solo diversamente, meglio ancora risparmiato per un futuro che adesso è incerto. Non esiste futuro, nel monologo di Fileccia, solo un presente intrappolato e incredibilmente pesante, contornato di speranza di cui c’è ancora tantissimo bisogno.
L’autrice siciliana riflette e fa riflettere con spirito leopardiano su uno dei tanti fenomeni verso cui l’uomo è impotente. Si serve di una parete bianca sulla quale vengono proiettate le immagini di Amatrice in quel giorno di quell’agosto di quel 2016, prima e dopo la catastrofe, sulle note di Cinzia Romano La Duca. Veste ora i panni di Paola, ventenne e modella, che vede la sua vita ribaltarsi, tremare come il suolo sotto i suoi piedi, ora circondata soltanto da macerie fonoassorbenti. Di fronte alle conseguenze di una terra ammiccante, come teneramente la definisce l’autrice, Paola rivede la sua vita dall’alto in tutte le sfaccettature che prima non aveva considerato. Vive una seconda volta in ricordi cristallizzati tra una richiesta d’aiuto e un’altra mentre le immagini dietro di lei si deformano nelle tele di Dalì. Aneddoti divertenti, altri meno; un tempo che poteva essere speso meglio oppure solo diversamente, meglio ancora risparmiato per un futuro che adesso è incerto. Non esiste futuro, nel monologo di Fileccia, solo un presente intrappolato e incredibilmente pesante, contornato di speranza di cui c’è ancora tantissimo bisogno.

con Mario Mattia Giorgetti

Sipario Studio Arti Sceniche. Milano.

Che me ne faccio della fortuna? preferisco sputare al toro! e così ho fatto!

Con i miei cari: Patrizia, Emilia e Fabrizio… Famiglia e calore.

ho recitato due poesie per Felicia Bartolotta: Amore a due voci e Figghia d’una spina
