Oggetti in terapia, il romanzo di Giovanna Fileccia. Ovvero ecco cosa esce dall’agenda, di uno psichiatra affermato, sulla quale anni prima erano stati scritti alcuni racconti sulle patologie psichiche di alcuni oggetti quotidiani
Giovedì, 12 marzo, 2020
Di Salvatore Maurici
Un temporale, la paura ancestrale che a ogni età suscita nel genere umano, gesti inconsulti, la paura di una figlia di trovarsi al buio in mezzo a un temporale, sono questi gli ingredienti che danno il via al romanzo di Giovanna Fileccia, affermata poetessa e scrittrice siciliana. Fieravalli, medico, rinviene una vecchia agenda contenente le relazioni che aveva scritto sui suoi pazienti agli inizi della carriera di psicologo. Decide di riprendere quell’esperienza schermando, però, nomi e contesti. Giovanna Fileccia trasforma un grigio studio medico in un circo delle meraviglie, nel quale gli oggetti della fiaba iniziano a muoversi, a ribellarsi ai padroni, a vivere vite parallele, indipendenti. La dicotomia tra oggetti ed esseri umani inizia con la psicoterapia in cui i soggetti parlano per interposta persona, ovvero attraverso gli oggetti personali, rivelatori dei loro malesseri, ma in modo a volte brillante e divertente.
La narrazione va avanti tra belle citazioni e analisi junghiane per cui gli oggetti spesso si confondono con i burattini del Mangiafuoco.
Uno dei capitoli del romanzo “Oggetti in terapia” (Scatole Parlanti-Alter Ego Editore) si apre con una massima di Erri De Luca: “I desideri dei bambini danno ordini al futuro”.
Il romanzo, invece, inizia con le parole di Sciascia “Credo che le sole cose sicure in questo mondo siano le coincidenze”.
Il medico Fieravalli, nel romanzo, viene catapultato in un mondo fiabesco animato da personaggi che escono dai libri della sua biblioteca.
Per introdurci a questo mondo fantastico, l’autrice, non esita a ricorrere alla nota filastrocca: Ambarabà Ciccì Coccò / tre civette sul comò / che facevano l’amore / con la figlia del dottore / il dottore si ammalò / Ambarabà Ciccì Coccò.
“Oggetti in terapia”, per l’autrice, è anche l’occasione per parlare delle difficoltà che uno scrittore nel pubblicare un libro.
Ognuno dei personaggi del romanzo della Fileccia anima la scena dello studio/teatro con le proprie ragionevolezze, i propri vizi. Tutti infatti pensano che debbano avere la precedenza sugli altri perché più importanti o più malati degli altri.
Come dire, “Oggetti in terapia” è un libro che può andare bene a tutta la famiglia, ai grandi come ai piccoli, un racconto che il nonno cunta al nipotino in un interscambio di emozioni reciproche. La sua scrittura semplice e snella mi ha catapultato dentro il mondo dell’infanzia, i primi libri letti, i primi filmati della televisione in bianco e nero. Immagini che non ho mai dimenticato anche dopo tanti anni, tale è stata la loro forza evocatrice.
Giovanna Fileccia scrive in italiano e in dialetto siciliano. È un’artista poliedrica, artefice di una nuova forma d’arte, la Poesia Sculturata. Dal 2013 allestisce mostre personali. Il suo percorso artistico inizia nel 2009 dopo una serie di studi e approfondimenti filosofici e letterari. Per le Edizioni Simposium ha pubblicato Sillabe nel Vento (2012), La Giostra dorata del Ragno che tesse (2015) e Marhanima (2018). Vincitrice di premi letterari e concorsi artistici, alcune sue opere sono inserite in antologie, raccolte poetiche, libri d’arte e tesi di specializzazione. Il monologo Scossa ha vinto il primo premio al concorso “Va in scena lo Scrittore 2018” della f.u.i.s. Oggetti in terapia è la sua prima opera narrativa.

L’articolo su L’ARALDO: http://www.laraldo.info/2020031221383106-Oggetti+in+terapia-+il+romanzo+di+Giovanna+Fileccia.html