Leggo e recensisco. Neoplasie civili di LORENZO SPURIO. Edizioni Agemina, 2014

Recensione a cura di Giovanna Fileccia

Introduzione

A volte mi capita di scrivere di autori e autrici che non conosco basandomi solo sulle loro parole: leggo il loro libro, lo recensisco e solo dopo averne pubblicato la recensione li contatto per un confronto e soprattutto per istaurare un dialogo che resti nel tempo.

Con Lorenzo Spurio, da gennaio di quest’anno, grazie alla curiosità che lo contraddistingue, abbiamo intrapreso una corrispondenza epistolare sfociata in un suo articolo sulla mia Poesia Sculturata (lo trovate QUI) corredato da un’intervista che gli ho rilasciato e alla quale ho risposto molto volentieri – editi entrambi sul numero 33 della rivista di poesia e critica letteraria “Euterpe”.

Va da sé che ci siamo scambiati i libri: io gli ho inviato alcuni dei miei e lui alcuni dei suoi.

Questo libro del quale mi accingo a scrivere, ha un titolo curioso, quasi un ossimoro perché: come può una neoplasia essere “civile” e perciò educata? Una neoplasia è quasi sempre invadente terribile, grumosa aggressiva. A meno che per neoplasia civile Lorenzo non si riferisca alla tolleranza con la quale ogni bruttura civile viene accolta dal popolo: in entrambi i casi vi sono due linee che non convergono.

Anche la copertina, nel suo essere lineare, ha il suo controsenso: come possono i binari di un treno proseguire in un bacino colmo d’acqua? L’intento che mi arriva dall’autore della foto, ma anche dal poeta Spurio, è il bisogno impellente di raggiungere l’acqua, fonte di purezza e di pulizia civile. I binari non si incontreranno mai sulla terra, a meno che, sott’acqua e lontano dalla civiltà, si pieghino per andarsi incontro e.

                                                                                                                      G. F.

Quando l’oceano mangia se stesso

La poesia di Lorenzo Spurio rimane sospesa e tende a depositarsi, e a volte a scaraventarsi, sulla coscienza del lettore. È una poesia, dunque, che colpisce; lievita dalle cellule più deboli della società per diramarsi verso le orecchie più ricettive che non hanno paura di ascoltare quali sono i “cancri” più invadenti con i quali conviviamo.

Neoplasie civili è una raccolta poetica che comprende trentasei liriche alcune di impatto forte e tagliente, altre dalla cui lettura ci si lascia cullare e coinvolgere. Ne è un esempio la poesia A mia madre (pag. 15) che nella parte finale recita:

Gea si occulta la vista e corre (…)

Le lacrime di un popolo

scivolano copiose, per un momento;

quelle di una madre

non trovano fine.

Gea, nostra Terra, madre che non vuol vedere e piange lacrime che non trovano fine: uno stillicidio di gocce rosse che percorrono le vie traverse dei popoli. Gocce rosse che colorano cocci impossibili da incollare (la mia poesia Cocci). Così come risulta impossibile incollare alle anime quei buoni sentimenti che, se messi in pratica, potrebbero impedire le ingiustizie di cui il mondo è invaso.

Lorenzo Spurio, da attento osservatore quale è ha posto gli accenti in quelle gocce rosse che voleva rendere evidenti. La sua poesia risulta piena di immagini e descrizioni, inoltre utilizza le parole come se fossero sciabole da brandire. L’ho immaginato come un samurai con le spalle larghe e le gambe divaricate a sostenerlo nel suo combattimento. Eccolo, in perfetto equilibrio utilizzare le parole, i versi, le poesie e gli spazi vuoti per comunicare significati densi di significanti, simboli colmi di contenuti, concetti pieni di profonde verità, frammenti di vita ridotti in cocci.

Anche nella poesia L’aiuto non dato (Maidan) sono presenti i cocci e sono ‘taglienti’ insieme a ‘scarpe spaccate’. Riporto una strofa della poesia:

Del fuoco e dei vetri di piazza,

una neve non più bianca,

ma grigia di noia,

nera d’affanno

e prossima al rosso.

Lorenzo Spurio in Neoplasie civili usa le parole come se fossero emorragiche, come se ogni lirica raccontasse una storia che coinvolge l’umanità tutta, una umanità allo stesso tempo spettatrice e pubblico che assiste e vede: la politica, la società, le pietre, i vecchi, i bambini, i gatti, i piccioni, i fiori, le formiche…

Con uno stile tragico e crudo, reso morbido dal suono armonico, e scattante dal ritmo poetico, Lorenzo traccia i contorni di una società-cancrena e spiega, dispiega, mostra, chiarisce e racconta. Avverto in lui la necessità di dire per riassorbire, il bisogno di comunicare il suo punto di vista affinché il lettore lo comprenda e lo faccia suo. Eppure avverto un continuo dialogo tra l’autore stesso e il suo punto di vista, un alter ego che è presente in molte delle liriche: il suo mondo interiore, foriero di colori poetici da esternare, guarda con obiettività il mondo che c’è fuori, quel mondo in cui viviamo tutti, carico di grigi che neanche il sole e la pioggia e il vento possono eliminare, spazzare, illuminare. Lorenzo diventa voce di se stesso che narra, e guarda senza chiudere gli occhi.

Le poesie contenute in Neoplasie civili sono composte in metrica libera e liberano pugni che arrivano dritti allo stomaco. Il volume ha una certa familiarità con un diario documentaristico nel quale l’autore mette in evidenza la drammaticità di fatti e azioni reali che persone hanno compiuto. È come se l’autore desideri che nessuno mai dimentichi. Spurio ha stilato un diario poetico: lui, samurai delle parole, ha imbastito una melodia di note introspettive dove le vicende umane tingono le pagine di colori forti intervallati a tagli di sciabola. Le note a margine coadiuvano le poesie attestando la veridicità di quanto ha scritto. Con occhio esterno, Lorenzo, riporta senza aggiungere o togliere nulla e, nonostante il suo sguardo sia distaccato, avverto in lui un coinvolgimento emotivo.

L’uso di parole forti e incisive è voluto poiché è come se volesse tagliare la superficie della pelle. L’epidermide lacerata, lascia intravedere la materia emoglobinica. Ciò mi fa riflettere su un punto fondamentale di chi compone la poesia: per il\la poeta è necessario che dopo la ferita ci sia la cicatrice a testimoniare che l’essere umano è in grado di emozionarsi, di soffrire, di provare sgomento anche di fronte a drammi che sono distanti dal suo vissuto, ma che gli\le appartengono come essere umano che vive nel mondo.

Mi avvio alla conclusione di questa mia con alcuni versi della poesia di Lorenzo dal titolo Il laido timoniere (Sewol infilzato):

l’istruzione zuppa d’acqua,

incinta di sale pungente

sdoganò la ratio

e l’oceano si mangiò se stesso.

Spurio in questa sua prima pubblicazione poetica che risale al 2014, ha sdoganato la ragione, ha sdoganato le emozioni, e poi ha fatto in modo che le parole mangiassero se stesse per essere digerite e assimilate.

Per me la distesa marina è un utero della terra che contiene e protegge, in “Marhanima” affido all’onda ogni passato, presente e futuro dell’umanità la quale, spesso, è causa del suo male. Un’umanità che comunque possiede gli strumenti per creare non speranze, ma certezze.

L’ultimo verso della poesia Il laido timoniere mi ha molto colpito perché secondo me, racchiude il senso della poetica che Lorenzo esprime. Per rendere più chiaro possibile il mio pensiero, azzardo una formula pseudomatematica: “l’oceano mangia se stesso come l’uomo annienta se stesso”.

La neoplasia civile di Lorenzo Spurio germina per forza di cose drammaticità, e più il dramma è drammatico (scusate il gioco di parole) più i versi sono rasoi che penetrano la carne. Il corpo è il veicolo che l’autore utilizza per trasmettere il messaggio. È attraverso l’epidermide, infatti, che egli diventa un tutt’uno con quelle cellule impazzite in cerca dell’unica cura in grado – forse – di guarirle. Immagino il samurai innalzare la sciabola di parole verso un alto ideale che sa che in fondo la cura è a portata di mano, di occhi e di bocche. La cura non è altro che l’amore verso se stessi e verso il prossimo tutto.

Giovanna Fileccia

Terrasini 10 agosto 2021

IL COMMENTO DI LORENZO SPURIO

Sul portale WikiPoesia la biografia di Lorenzo Spurio: https://www.wikipoesia.it/wiki/Lorenzo_Spurio

Questa mia recensione è pubblicata anche su Alessandria Today, che ringrazio, al seguente link: https://wp.me/p9pkp2-1fLT

2 commenti

  1. L’ha ripubblicato su Alessandria today @ Web Media. Pier Carlo Lavae ha commentato:

    Leggo e recensisco. Neoplasie civili di LORENZO SPURIO. Edizioni Agemina, 2014

    Recensione a cura di Giovanna Fileccia

    Introduzione

    A volte mi capita di scrivere di autori e autrici che non conosco basandomi solo sulle loro parole: leggo il loro libro, lo recensisco e solo dopo averne pubblicato la recensione li contatto per un confronto e soprattutto per istaurare un dialogo che resti nel tempo.

    Con Lorenzo Spurio, da gennaio di quest’anno, grazie alla curiosità che lo contraddistingue, abbiamo intrapreso una corrispondenza epistolare sfociata in un suo articolo sulla mia Poesia Sculturata corredato da un’intervista che gli ho rilasciato e alla quale ho risposto molto volentieri – editi entrambi sul numero 33 della rivista di poesia e critica letteraria “Euterpe”.

    Va da sé che ci siamo scambiati i libri: io gli ho inviato alcuni dei miei e lui alcuni dei suoi.

    Questo libro del quale mi accingo a scrivere, ha un titolo curioso, quasi un ossimoro perché: come può una neoplasia essere “civile” e perciò educata? Una neoplasia è quasi sempre invadente terribile, grumosa aggressiva. A meno che per neoplasia civile Lorenzo non si riferisca alla tolleranza con la quale ogni bruttura civile viene accolta dal popolo: in entrambi i casi vi sono due linee che non convergono.

                                                                                                                          G. F.

    Quando l’oceano mangia se stesso

    La poesia di Lorenzo Spurio rimane sospesa e tende a depositarsi, e a volte a scaraventarsi, sulla coscienza del lettore. È una poesia, dunque, che colpisce; lievita dalle cellule più deboli della società per diramarsi verso le orecchie più ricettive che non hanno paura di ascoltare quali sono i “cancri” più invadenti con i quali conviviamo.

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