Il mare fa dell’onda la sua voce, il suo suono infrange la costa e penetra ogni anfratto, ogni insenatura e ci racconta la storia del mondo, questo l’autrice sente nelle orecchie e nel suo cuore quando si adagia sulla riva del mare. Ma se il mare è vita e segue il suo moto, ci saranno inevitabilmente anche i tempi bui dove il cielo si fa cupo e il vento spezza il ritmo dell’onda che come indispettita si gonfia “rumoreggia e sovrasta la barca, la rete si impiglia , la corda si spezza e il marinaio costretto a reagire , strepita” e nasce la storia tra l’uomo e il mare, carica di dolore di sofferenza, di sacrificio ma anche di gioia e di soddisfazione e l’anima dell’autrice s’impenna sulla prua della barca, finché vinta l’onda “balza in avanti e sguscia” e raggiunge il suo approdo.
E l’autrice riflette su quante ricchezze nasconde il mare nei suoi abissi e quante ne regala alla spiaggia, ricca di conchiglie, di minerali cristallizzati e quanta gratitudine deve avere l’uomo verso il mare per il sostentamento che dona copioso di pesci nella rete. Ma a questo punto è l’autrice che presta la sua voce al mare, un mare che è caduto in disgrazia e che ha tinto di rosso le sue acque blu, un mare stanco e sofferente che innalza un grido disperato e Giovanna ripete le sue parole: “Cessate di ammorbare le mie acque! Ho un’overdose di morti, ingoio lutti, vomito corpi, teste pensanti, braccia operose, gambe spedite… il mio fondale accoglie cibo-per-pesci-che-sfamano-voi-vivi”. E quest’ultima frase mi sconvolge, quanto dolore! Stiamo uccidendo il mare? E con lui la nostra stessa vita?
Leggere pag. 21 da “Sirene dal canto ammaliante” a “macerie di sangue”.
Ma anche in questo triste frangente la poesia di Giovanna non si ferma, va avanti ed invoca il mare, lo personifica come fosse un parente, un amico, un fratello saggio col quale poter dialogare e farsi capire con poche parole, poiché a volte troppe parole fanno male.
Ma la speranza, il sogno di un mondo diverso, migliore che torni, mai cessa e nella seconda parte dell’opera, la poetessa tra realtà e sogno si fa pura poesia, lei è Marhanima e auspica la riconciliazione tra il mare e l’uomo.
Leggere pag. 42 da “Tartarughe porgono i loro gusci” a “i piedi scalzi cammineranno sul suolo”.
L’opera di Giovanna è un dono di riconoscenza al mare, è l’estensione di un sentimento comune di cui l’autrice si fa portavoce, e io che amo e vivo in funzione dell’anima del mare in sincronia con le sue manifestazioni, non posso far altro che ringraziare questa magnifica poetessa dal profondo del mio cuore. Grazie.
Veronica Giuseppina Billone
(Editrice di Ed. Simposium)